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Molti amici mi hanno sollecitato a mettere in rete il bagaglio di esperienze da me vissute nel mondo del calcio nonché la mia collezione di maglie e cimeli calcistici. Dopo un’iniziale riluttanza, mi sono deciso a farlo, allo scopo di condividere il tutto con quante più persone possibile.

Voglio fare una premessa, nella convinzione che questa opinione è condivisa da molti: sono un nostalgico del calcio di una volta, quando le partite dei campionati italiani si giocavano tutte contemporaneamente, la domenica, e il mercoledì c’erano le partite delle Coppe Europee: Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe, Coppa UEFA. I più giovani, cresciuti con il calcio spezzatino televisivo, non sanno come era bello andare allo stadio la domenica alle 14,30 (o alle 15), mangiando solo una pizzetta o un panino, con l’immancabile radiolina grazie alla quale, alla fine dei primi tempi, ci si sintonizzava con il mitico “Tutto il calcio minuto per minuto” per seguire in tempo reale i risultati delle altre partite. Altrettanto mitiche ed indimenticabili erano le voci dei suoi radiocronisti. Alla fine della partita si tornava a casa per mangiare il ragù preparato dalla signora di casa, in attesa di vedere i filmati delle partite trasmessi da 90° minuto. Appuntamento altrettanto imperdibile quello con la Domenica Sportiva, e, in tempi più recenti (ma sempre ormai lontani), con Pressing. Ed anche le Coppe Europee di una volta avevano un senso che oggi si è perso, fermo restando il loro prestigio.

La passione per il calcio, nel mio caso – ma credo che sia quasi sempre così – è una sorta di malattia ereditaria, trasmessami da mio padre. La sua passione non si era limitata a quella di semplice tifoso: in gioventù era stato anche arbitro, con una carriera che l’aveva portato fino alla serie C negli anni Sessanta. Successivamente, essendo avvocato, era stato consulente legale degli imprenditori che rilevarono la Salernitana nel 1976, nell’ambito di una situazione societaria davvero molto complessa. All’epoca mio padre portava spesso me e mio fratello – che avevamo 12 e 11 anni – a vedere gli allenamenti, dandoci così l’opportunità di conoscere i dirigenti dell’epoca, il mister ed i calciatori, che ci presero in simpatia. E’ stato bellissimo ed emozionante vedere, nello splendido volume a cura di Francesco Pio e Giuseppe Fasano (Salernitana, la Storia, Geo Edizioni), una fotografia ritraente papà e gli altri imprenditori nello studio del notaio che curò i rogiti per la nascita della Salernitana Sport s.p.a.

In quel contesto, una menzione speciale va all’avv. Aldo Matera (zio Aldo), grande amico e collega di papà, cui, con il ruolo di commissario, fu affidata la delicata funzione di traghettatore dalla vecchia alla nuova società. Zio Aldo fece in seguito una splendida carriera dirigenziale nel calcio. Altra speciale menzione va al dott. Leopoldo Vecchione (zio Dino), amico d’infanzia di papà, all’epoca medico sociale della Salernitana, persona e professionista esemplare.

Nello spogliatoio, come accade dappertutto, personaggio fondamentale era il massaggiatore, il compianto Bruno Carmando, fratello di Salvatore e figlio di Don Angelo Carmando, capostipite della famiglia che oggi ben può considerarsi leggendaria. Bruno e Salvatore avevano un’amicizia particolare con papà, e Bruno spesso amava prendere in giro scherzosamente papà e Salvatore perché il primo è sempre stato un grande tifoso del Napoli ed il secondo il mitico masseur della squadra partenopea.

Si erano poste quindi tutte le basi perché quel ragazzino di 12 anni, una volta diventato grande, ambisse a maturare le proprie esperienze personali e professionali nel mondo del calcio. Ed in questo Salvatore Carmando, mio fraterno amico, mi fu da sprone, e di grande aiuto furono i consigli che zio Aldo non mancava di dispensare.

Nell’estate del 1998 ero un giovane avvocato con tanti sogni nel cassetto ed avevo da poco più di un anno iniziato la mia collezione di maglie da calcio. Nel corso di quella estate Salvatore mi incaricò di curare e gestire una sua problematica con la società calcio Napoli (di cui sono sempre stato tifoso). Dopo aver ascoltato l’opinione di Bruno, mi recai con Salvatore più volte a Soccavo, dove ebbi modo di interloquire con uno dei miei miti di gioventù, Antonio Juliano, all’epoca direttore generale della SSC Napoli. Con Juliano, che rappresentava la società, tutelai le ragioni di Salvatore nel migliore dei modi, e la questione si risolse con piena soddisfazione di tutti.

Da quel momento in poi l’amicizia con Salvatore divenne granitica, e grazie a lui ebbi modo di maturare ulteriori esperienze professionali nel calcio e di conoscere tantissimi personaggi, che mi hanno dato modo di arricchire la mia collezione di maglie e cimeli calcistici.

Su input di Salvatore e di zio Aldo Matera, sostenni e superai brillantemente l’esame di procuratore sportivo presso la F.I.G.C., ed in seguito ebbi modo di curare e gestire gli interessi di svariati calciatori, anche di serie A. Quando poi, al termine di una quarantennale e gloriosa carriera, Salvatore andò in pensione, scrivemmo a quattro mani la sua autobiografia. E così, dopo un anno di lavoro, duro ma anche divertente, nel 2015 venne alla luce “Carmando, le mani su D10S”, con evidente riferimento al Dio del calcio, Diego Armando Maradona. Il libro, pubblicato dalla Graf di Napoli, ha avuto un discreto successo editoriale.

Sul calcio moderno in generale e quello italiano in particolare ci sarebbe tanto da dire, ma non è questa la sede adatta. Personalmente seguo con distacco, come ho già detto il business sfrenato e lo spezzatino televisivo non mi appassionano. A mio avviso, il calcio italiano attuale ha il grande demerito di essersi adeguato solo agli aspetti più negativi del progresso, come per l’appunto il business e le televisioni. All’estero, invece, a questi aspetti si sono accompagnate le costruzioni (o gli ammodernamenti) di grandi e fantastici stadi che attirano migliaia di tifosi, che vi si recano con le famiglie. In Italia, salvo pochissime eccezioni, gli stadi sono rimasti costruzioni obsolete e spesso fatiscenti, che certo non attirano le famiglie, anche perché nemmeno possono dirsi risolti i problemi di ordine pubblico, per i quali i tornelli e i biglietti nominativi sono solo blandi palliativi, utili solo ad allontanare dagli stadi le persone per bene.

Tuttavia non posso dimenticare che il campionato italiano è stato per anni per davvero il più bello del mondo, e per questo quando mi fermo a contemplare e a toccare con mano una vecchia maglia di lana provo delle sensazioni indicibili e una grande nostalgia dei tempi che furono.

Avv. Renato Camaggio